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venerdì 23 dicembre 2016

Ipse dixit #1: Marziano Bernardi, «Gli Immaginisti d’Alba», La Stampa, 11 dicembre 1956

Marziano Bernardi (1897-1977), storico critico d’arte de La Stampa di Torino, commenta i «movimenti internazionali» in corso ad Alba, e in particolare i lavori degli esponenti della Bauhaus Immaginista esposti nel dicembre 1956 all’Unione Culturale di Torino.

Chi avrebbe pensato che Alba la nostra piemontese Alba capitale del tartufo, potesse diventare un centro «europeo» di ricerche, di sperimentazioni artistiche, piovendo in quella tranquilla provincia, a riunirsi con locali pittori Simondo e Gallizio, ora un danese, il Jorn, ora un olandese, il Constant, ora un cecoslovacco, il Kotik, ed altri magari valendosi dell’ «autostop», senza contare gli italiani Cherchi e Garelli con qualche loro amico? Invece così è: perché le vie del Signore sono infinite, e per quelle vie gli Immaginisti d’Alba (quelli ora citati espongono in questi giorni all'Unione Culturale alcuni i loro lavori esemplificativi dell'Immaginismo) pare debbano giungere fino a Parigi e nelle maggiori capitali d'Europa. Auguri.
Cosa sia l’ «Immaginismo», nuova dottrina estetica, sarebbe lungo ed anche molto difficile da spiegare e capire. Un manifestino ciclostilato avverte che «il movimento internazionale per una Bauhaus di immaginista presenta Debord, Constant, Fillon, Gallizio, Garelli, Jorn, Simondo, Wolman, e annunzia una conferenza sulla Storia dell'internazionale Lettrista». Seguono alcuni aforismi: «Appoggiato su dati di cui rinnova senza posa il rapporto, e che mutano per la forza dei loro stessi movimenti, l'uomo avanza», ecc. Parole oscure, come quelle, del resto, che seguono e avvertono: «l'avvenire dei vostri bambini dipende da ciò: manifestate favore dell'urbanesimo unitario», ecc. Le altre frasi sono più oscure ancora, e il tono, il piglio ricorda i vecchi (oh, quanto vecchi!) manifesti del Futurismo. La Bauhaus Immaginista, insomma, sarebbe nata come protesta, ad opera dello Jorn, contro il programma di una nuova Bauhaus di Ulm, diretta dallo svizzero Max Bill. Protesta dunque contro l'astrattismo in nome della «Immagine». 

Abbiamo cercato le «Immagini». Abbiamo visto strane forme informi, in stato di levitazione dalle chiazze, dai grumi, dalle zone, ora dense ora sottili, di un colore perlopiù violento: inoffensivi spettri innocentemente vaganti. Sembra incerto, per ora, che in essi si nasconda un programma così vasto ed ambizioso. Limitarsi dunque la cronaca, per il momento è prudente. Ma quanti programmi partorisce l'arte contemporanea? E quante vere e vitali e poetiche «Immagini»?


Marziano Bernardi, «Gli Immaginisti d’Alba», La Stampa, 11 dicembre 1956

venerdì 21 ottobre 2016

Il Congresso Mondiale degli artisti Liberi - INTERLUDIO - «Peinture d’ensemble»: jam session d’autunno

Résumé del primo atto:
Il Congresso Mondiale degli artisti liberi organizzato ad Alba nel settembre del 1956 segna l’incontro di diverse sensibilità attorno alla relazione tra arti e industria, nel segno di una critica al funzionalismo allora imperante.

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Pensato da Jorn come «qualcosa a metà tra il convegno di studi, una riunione artistico-politica, un’occasione di festa», il Congresso Mondiale degli artisti liberi segna soprattutto uno snodo importante nell’avvicinamento di due gruppi d’avanguardia «internazionale», che porterà l’anno successivo alla fondazione dell’Internazionale Situazionista: il Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista (M.I.B.I.) da una parte, con Jorn, Simondo, Verrone e Gallizio, e l’Internazionale Lettrista (I.L.) dall’altra, con Debord e Wolman ai comandi.

Legati da una comune rivolta anti-funzionalista, le due internazionali hanno in realtà due visioni dell’arte e della rivoluzione piuttosto divergenti. Per il M.I.B.I., fondamentale è la questione della libertà dell’artista, della possibilità di dare alla sua attività una nuova funzione sociale attraverso una metodologia di sperimentazione collettiva: partendo dall’esempio del Laboratorio di esperienze immaginifiche di Alba, Jorn dichiara che l’obiettivo del gruppo dopo il congresso è fondare subito un «Istituto Sperimentale di ricerche artistiche». Il portavoce dell’I.L. ad Alba, Gil J. Wolman, annuncia invece nel suo intervento la necessità di abbandonare i limiti tradizionali dello sperimentalismo artistico per fondare l’«Urbanesimo Unitario», una nuova unione tra arte, architettura e urbanesimo volta a stimolare nuovi modi di vivere capaci di rivoluzionare la quotidianità degli abitanti delle città moderne.

Ad attestare l’incontro albese, oltre che a fotografie e documenti programmatici, esiste una tavola dipinta, senza titolo, firmata da Constant, Gallizio, Jorn, Kotik, Simondo e Wolman. Una peinture d’ensemble realizzata probabilmente a fine congresso* che, «come una sorta di jam session e di automodification» scrive lo storico Sandro Ricadone, «riprende il linguaggio delle peintures-mots, portandolo a uno stadio di caotico parossismo**».

Esempio delle pratiche pittoriche collettive sviluppate ad Alba dal Laboratorio Sperimentale del M.I.B.I. nel solco di CoBrA, Senza titolo può essere considerata, nella pièce dell’arte anti-funzionalista del dopoguerra, una sorta interludio jazz, un’opera-passaggio che segna l’autunno delle esperienze del M.I.B.I. e l’aprirsi di un nuovo atto in cui Guy Debord diventa sceneggiatore e attore protagonista.

Seppure a fine congresso sia l’I.L. ad aderire al M.I.B.I., il centro decisionale del gruppo si sposta sempre più verso Parigi. L'Urbanesimo Unitario, nemmeno citato nel rendiconto di fine convegno di Piero Simondo, è annunciato dal bollettino parigino Potlach di ottobre come la risoluzione finale del congresso e base programmatica della nuova "piattaforma di Alba".

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* A causa di problemi burocratici legati alla cortina di ferro Jan Kotik arriva ad Alba alla fine dei lavori del Congresso.
** Sandro Ricaldone, «Peinture d’ensemble», testo del catalogo della mostra «Peinture d’ensemble - Alba anni ‘50. Un laboratorio di situazioni», Galleria Martano, 16 febbraio - 10 aprile 2012, Torino. Pubblicato online: http://www.quatorze.org/catapeint.pdf


Senza titolo, olio, resine plastiche, pigmenti su tavola, 1956, cm 155 x 75. Opera collettiva realizzata con Constant, Pinot Gallizio, Asger Jorn, Jan Kotik, Gil J. Wolman. 



Résolution finale du congrès approvata da Guy Debord, ottobre 1956.